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  • Simone

Superare l’apatia spirituale guardando a Gesù

Capita a tutti i cristiani, chi più e chi meno, di attraversare momenti di stallo spirituale. Momenti in cui la vita di chiesa, il ministero, o addirittura la semplice preghiera a Dio hanno perso di vigore e non sono diventati altro che alcuni tra i tanti impegni che imbottiscono la nostra agenda. Sono dinamiche in cui è facile rimanere impantanati, e molti di noi ne conoscono bene i connotati: perdita di entusiasmo per le cose spirituali, disinteresse, apatia. Semmai ti trovassi in una situazione del genere, o l’hai vissuta in passato, avrai anche sentito parlare dell’antidoto all’apatia spirituale. Guarda a Gesù. Un brano più di altri offre degli spunti eccezionali a cui è difficile rimanere indifferenti, e ti invito a meditarlo personalmente qualora tu sia alla ricerca di un rimedio efficace ad una vita spirituale che ha perso di smalto. È il racconto della chiamata di Gesù rivolta a dei pescatori. Nell’episodio in questione le parole di Gesù hanno un impatto straordinario nelle vite dei pescatori. Danno una dose di entusiasmo tale che quei pescatori non ci pensano due volte e addirittura decidono di abbandonare la loro routine per gettarsi anima e corpo nella nuova avventura. Quello che hanno compreso quei pescatori, poi diventati discepoli, non solo ha elettrizzato le loro vite, ma è in grado di fare altrettanto con le nostre oggi. Prima però abbiamo anche noi bisogno di realizzare: La miseria di partenza: nulla di male nell’essere un pescatore, era un lavoro dignitoso all’epoca così come lo è oggi. Ma specialmente all’epoca e specialmente nella cultura giudaica non c’era paragone tra una qualsiasi dignitosa professione e il prestigio riservato a chi intraprendeva la carriera del discepolo. Anzi, questi ultimi erano proprio le migliori menti tra tutti i loro coetanei, e coloro che venivano ammessi al seguito dei rabbini erano in qualche modo “coloro che ce l’avevano fatta”.

I discepoli di Gesù non erano evidentemente in questa categoria. Immaginate allora che sorpresa e che onore quando inaspettato arriva l’invito di Gesù, che li ammette alla sua scuola. Loro non erano preparati, non avevano studiato, non avevano le potenzialità. Insomma non erano adeguati ad un privilegio del genere. Ma Gesù rivolge loro l’invito. Suona familiare? Il grado di colui che chiama: un po’ come se a lavoro in una grande azienda ci arrivasse una chiamata dall’Amministratore Delegato o il Direttore chiedendoci direttamente di sederci al tavolo con lui. Forse ci tremerebbero un po’ le gambe, ma ne saremmo molto onorati e certamente motivati al massimo.

Immagino un po’ la stessa sensazione nei discepoli, tanto più quando scopriranno che chi li chiama non è un semplice rabbino ma il Figlio di Dio in carne ed ossa. La portata della chiamata: se solo i discepoli avessero potuto immaginare cosa li avrebbe aspettati nei tre anni seguenti con Gesù! Guarigioni, miracoli, atti di compassione e misericordia. Vite completamente trasformate. Cose difficili da spiegare lì, sul mare di Galilea, quando Gesù li chiama per la prima volta. E infatti Gesù stesso non ci prova nemmeno, ma offre una similitudine che fa immediatamente scattare l’immaginazione verso orizzonti più ampi, li porta su un altro livello rispetto a quanto avevano visto fino a quel momento: “seguitemi, e farò di voi pescatori di uomini”.

Forse non hanno capito lì per lì la portata di ciò che avrebbero fatto di lì a poco, ma hanno certamente capito che ciò che Gesù proponeva era infinitamente più rilevante e appagante di ciò che conoscevano loro. Se solo avessimo un briciolo di quel coraggio per seguire Gesù come i primi discepoli sono sicuro anche le nostre vite sarebbero cariche di emozioni e momenti per cui vale la pena vivere. Guardare a Gesù. È la chiave per ispirare ed energizzare la nostra vita spirituale. Comprendere chi noi siamo di fronte a Lui, chi Lui è veramente e cosa ci propone: no, questo difficilmente ci lascerà indifferenti.

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