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Questione di priorità

Aggiornamento: 6 ott 2021

Sembrava essere l’inizio di un anno qualsiasi. Un anno in cui un giorno alla volta si sarebbe potuto fare tutto come al solito, senza preoccuparsi di dare alle cose la giusta importanza. Poi d’improvviso è cambiato tutto. Il calore di un abbraccio è diventato un pericolo e la distanza è diventata una sicurezza. Piazze piene, locali affollati, turisti per il mondo, stadi, cinema, musei, scuole ricolmi di gente rappresentavano la vita pulsante di una società: oggi invece sono diventati veicoli di morte. La certezza della salute, del lavoro, degli affetti viene sostituita dall’unica compagnia possibile: l’incertezza.


In questo macabro quadro forse una delle note positive emerse è la consapevolezza di comprendere cosa sia realmente importante, cosa conta davvero, che cosa ha seriamente valore. Fermati un instante e prova a pensare se questo processo si sia innescato in te. A questo punto potresti dire la tua e fornire un più che legittimo elenco di considerazioni virtuose sul senso della vita e sui valori più nobili. Presumo concorderemmo su molte cose.


Ma se ci fosse qualcosa che non hai considerato? Se ci fosse qualcuno a cui potresti dedicare parte delle tue considerazioni? Qualcuno che conta davvero, qualcuno che può aver un valore fondamentale per la tua vita, un valore eterno. Credo che l’incertezza prodotta dal COVID abbia rievocato nei più domande esistenziali sul senso della vita e credo che in questo spazio di ragionamento una posizione debba necessariamente prenderla la figura di un Dio fattosi uomo, Gesù.


E se esistesse qualcosa di più alto? I punti interrogativi sul senso della vita sono notevoli, il sentimento di eternità, quella voce che emerge nell’essere umano facendolo interrogare sui se dell’esistenza si scontra con la ragione e le evidenze di una scienza e di una società che relega Dio a un mito e affibbia alla religione la causa di ogni male. Qualche riga di un articolo chiaramente non potranno sortire un cambio di idee né trai i più semplici lettori, né tantomeno tra quelli più esperti ma forse, visto il momento e la sensibilità critica ed emotiva che la pandemia ha suscitato, potrebbe essere l’occasione di riscoprire quell’impolverato libro che chiamano Bibbia, cercando risposte ai tuoi interrogativi.


Il messaggio crudo, chiaro e semplice del testo biblico dichiara l’eterna separazione tra l’essere umano e il Dio creatore. Dio ha in odio il peccato. Peccato - che parola obsoleta, lo riconosco - ma questa verità è chiara in tutto il messaggio biblico: a causa del modo di agire, di pensare, di vivere che offende Dio, l’uomo è separato da Lui. Lo è in questa mondo e per chi crede, anche nell’altro. La soluzione è Gesù. Ciò che trasmette la Bibbia su di Lui è qualcosa di sorprendente “ci sono così tante altre cose che Gesù ha fatto e detto; se si scrivessero a una a una, penso che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero”.


Forse questi concetti ti sembrano troppi astratti e lontani dalla pragmaticità dei problemi della vita, cosa può centrare con quello che si vive quotidianamente? Credo che a questo punto sia di fatto una questione di priorità. La priorità di ricercare la risposta ad un interrogativo fondamentale per la propria vita. L’inizio da cui partire è nel riscoprire il Figlio di Dio, Gesù. Tutti quei dubbi, tentennamenti, paure, tensioni che si vivono possono essere fugati dalla comprensione profonda della completa rivelazione di Gesù Cristo, dell’unicità e perfezione della Sua persona e della Sua opera. Lui è la Parola definitiva di Dio all’umanità, l’adempimento finale del processo con cui Dio si è rivelato all’essere umano.


A questo punto voglio proporti un aspetto di questo Gesù. Uno dei libri all’interno della Bibbia è “la lettera agli Ebrei”. Una lettera che si ritiene destinata a italo-ebrei presenti nella penisola nostrana. Tutto lo scritto esalta in maniera entusiastica la figura di Gesù; la parola “migliore” ricorre diverse volte in tutto lo scritto: il migliore sacrificio, la migliore resurrezione, le migliori promesse, il miglior patto, il migliore mediatore. La lettera tratta il carattere divino di Gesù, la sua opera e il suo carattere umano. Ed è proprio su quest’ultimo elemento che vorrei concentrassi la tua attenzione: due versi in particolare, il 15 e il 16, riportano: “infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno”.

Dopo una lunga esposizione sul ruolo di Gesù come nuovo sommo sacerdote in contrapposizione alla figura presente nella liturgia giudaica, l’autore enfatizza la capacità di Gesù di simpatizzare con le debolezze umane, perché nel suo essere umano ha sofferto e patito fisicamente e moralmente. Prosegue poi invitando il lettore a considerare questo aspetto per poter arrivare a Dio. L’invito è quello di fermarsi e porre l’attenzione su Gesù che offre una posizione migliore, un sacerdozio migliore, un patto migliore, una speranza migliore e un miglior sacrificio. Solo quando diamo a Gesù la giusta posizione nelle nostre vite, ogni altra cosa sarà collocata nel posto giusto.


L’unico dubbio è che se nemmeno una pandemia mondiale di questa portata è in grado di muovere coscienze e cuori riguardo a Gesù, forse allora il peggio deve ancora venire.

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