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Perché ho bisogno della bibbia

Aggiornamento: 6 ott 2021






Ti ricordi di Osea?

Abbiamo visto fin qui che il Signore, il Dio del popolo d’Israele, si servì di Osea in un periodo molto particolare della storia del suo popolo. Era un tempo di grande progresso, di forte crescita economica, di vittorie militari, di agio e ricchezza. Non era stato così fino a poco tempo prima, ma Dio era intervenuto per liberare il suo popolo dalle difficoltà.

Nella prosperità materiale però il popolo sviluppò una grave povertà morale. Ingiustizia e idolatria divennero le sorelle che danzavano nelle piazze d’Israele.

In questo seducente ma tetro panorama umano, Dio chiamò Osea ad amare una donna “amata da altri”, cioè una prostituta. Essa divenne sua moglie, e il legame tra i due divenne l’immagine del rapporto tra un Dio il cui amore sempre fedele andava avanti nei secoli e un popolo, la cui durezza di cuore lo faceva volgere verso altro.


Leggendo il libro di Osea, ad un certo punto della storia, ti potrebbe sorgere spontanea questa domanda: ma com’è possibile che il popolo di Dio, quello stesso popolo che era stato testimone delle grandi opere del Signore, dei più incredibili miracoli, l’unico a custodire, nel proprio tempio, il rotolo più prezioso di ogni tempo, ossia la Torah, la legge data dal Signore stesso, il popolo che aveva visto salire al trono grandi e fedeli re, come Davide e Salomone, che era stato guidato dai più saggi leader, come Mosè, Giosuè, Samuele, com’era possibile che quel popolo si trovasse ora impantanato nel peccato?


Nel libro di Osea, è Dio stesso a pronunciare una diagnosi:

“Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza” (Osea 4:6).

Di che conoscenza si tratta? Cosa c’è di così importante da sapere, e che se non saputo conduce alla morte? Il Signore va avanti dicendo: “Tu hai dimenticato la legge del tuo Dio”.


Quando era successo tutto questo? Ripercorriamo brevemente le tappe della storia del popolo fino a qui. Il popolo d’Israele nacque in seguito alla liberazione che ottenne dalla schiavitù in Egitto. Il Signore si fece conoscere a questo popolo attraverso una legge, una legge profondamente morale. Cosa significa morale? Significa qualcosa atto a definire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, a tracciare un confine tra il bene e il male. Il fatto che Dio si rivelò attraverso questa legge morale, ci fa capire qualcosa su di Lui: Egli stesso è un Dio dal carattere estremamente morale. Egli non chiese un culto rituale, ma chiese al popolo di sviluppare un carattere morale come il suo, intriso di giustizia e bontà. Non è interessante? Non so se ci hai mai fatto caso, ma quando ci presentiamo, dopo aver detto il nostro nome, tendiamo a dire “quello che facciamo”: studio lì, lavoro là, faccio questo. Quando Dio si presentò al popolo, si presentò facendo riferimento al suo carattere, e il termine che utilizzò fu SANTO, cioè separato dal male. Se la società in cui viviamo oggi può essere definita capitalista, ossia orientata al capitale e a come accumularlo (ecco perché il focus sul lavoro anche nelle nostre presentazioni), ciò che voleva costruire il Signore era una società di tipo morale.

Ma il popolo sviluppò molto presto un’allergia a questa legge, un’insofferenza ai suoi preziosi insegnamenti. Nonostante questo però, Dio chiamò alcuni uomini a portare avanti e conservare l’insegnamento di questa legge: furono guide, giudici, re e profeti. La legge fu tramandata di generazione in generazione, ma ad un certo punto, essa fu dimenticata. I re, che erano chiamati a trascriverla durante la loro vita, smisero di leggerla, e i sacerdoti, che erano chiamati ad insegnarla al popolo, smisero di farlo. Così le persone dimenticarono il carattere morale del Signore, e presto persero anche il loro.


Come una pianta che muore quando non riceve acqua e luce, così il popolo stava morendo senza più ricevere l’acqua rinvigorente della legge, la luce calda della parola di Dio.

E la morte che il popolo stava vivendo era si morale, caratteriale, spirituale, ma presto sarebbe stata anche fisica. Cuori “sbagliati” conducono a scelte sbagliate, e le conseguenze si spandono su ogni fronte.


Ecco perché è importante, in ogni epoca e tempo, tra ogni generazione, non dimenticare la legge del Signore, quel prezioso tesoro morale. Perché è in essa che c’è la saggezza, la giustizia, la speranza che può guidare un uomo e sostenere una comunità.

E tu? Cosa ne è del tuo “carattere morale”? Cosa ne è della tua saggezza, giustizia e speranza? Dove si fondano?

Viviamo in un’epoca di totale relativismo morale: ciò che è giusto è ciò che mi fa sentire libero, oppure ciò che è giusto per me o per te non deve esserlo per qualcun altro. Ci sono infiniti inganni e una precaria stabilità esistenziale dietro queste affermazioni. Se ci fermassimo per un istante a valutare la portata degli effetti collaterali, noi stessi ci rifiuteremmo di vivere secondo tali regole. Eppure siamo accecati da questa "così definita" libertà morale.


Più importante ancora: Cosa ne è del tuo rapporto con la Bibbia, con la Parola di Dio? Lontano da essa non c’è vita, fisica e spirituale. Se sei come il popolo, se stai dimenticando la legge del Signore, allora la tua vita sarà come la pianta che muore per mancanza di acqua e luce. Il circolo entro cui ruotava Israele era questo: - CONOSCENZA + PECCATO; + PECCATO – CONOSCENZA. Lontani dalla legge, erano caduti nei più comuni peccati: superbia, avidità, ingiustizia, lussuria, idolatria. E più rimanevano in quei peccati, più i loro cuori si indurivano, diventando insensibili alla conoscenza.


Perché non tornare allora a ricordare la Bibbia? Se l’hai dimenticata, considera questo: o torni ad essa o presto potresti vedere il tuo carattere e la tua condotta morale morire.

Se non l’hai mai conosciuta, perché non provare a confrontarti con l’unico Dio che si prende l’ardire di pronunciare una morale unica, profonda e assoluta, sostenendo che in essa si trovi la chiave della nostra umanità?


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