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Il re che divenne pazzo

Aggiornamento: 7 ott 2022




La Bibbia riporta la testimonianza di uno dei più grandi re dell’Antichità.

Il suo nome, difficilissimo da pronunciare, era Nabucodonosor. Egli fu re, secondo la Bibbia, e in accordo con i nostri libri di storia, dal 606 a.C. al 562 a.C., di Babilonia.

Viene ricordato come il re Babilonese più importante della storia della Mesopotamia, che rese Babilonia la città più ricca, splendida e conosciuta del proprio tempo.


Guardando alla storia di questo re, a quello che disse e quello che fece, spicca una caratteristica tra le tante: egli era superbo.

Un evento che ci parla di questo aspetto del suo carattere, di questo vizio del suo cuore, riguarda l'ordine che il re diede, ai propri costruttori, di erigere un’altissima statua d’oro, alla presenza della quale ogni suddito del regno, quale che fosse la lingua o la nazione, doveva inchinarsi.

Chiunque avesse manifestato il proprio rifiuto di adorare la sua statua, sarebbe stato gettato in una fornace ardente.

Un altro accadimento, sempre di stampo edile, riguardò i giardini pensili di Babilonia, una delle meraviglie del mondo. La tradizione racconta che il re acconsentì alla loro costruzione per soddisfare il desiderio di una concubina presa per moglie tra i persiani. La Bibbia racconta che passeggiando nella propria residenza, potenzialmente proprio i giardini pensili, il re esclamò: “Non è questa la grande Babilonia, che io ho costruita come residenza reale, con la forza della mia potenza e per la gloria della mia maestà?”


Nabucodonosor aveva tutte le carte in regola per essere superbo. Era il più grande re del suo tempo, signore della città più ricca e conosciuta del mondo. Era potente, maestoso, ricco sopra ogni immaginazione, e aveva sotto di lui nazioni, tribù, gente di ogni lingua e provenienza.


Ma, ad un certo punto, la sua superbia incontrò il Dio Altissimo.


Nella Bibbia è proprio Nabucodonosor a parlare di questo incontro:

“Ero tranquillo nella mia casa, felice nel mio palazzo” racconta il re.

La storia che racconta inizia così. Niente poteva turbarlo o sconvolgerlo.

Quando ecco i suoi sogni e i suoi pensieri notturni vennero disturbati da continui incubi. Chiamò così il capo dei suoi saggi, un ebreo deportato a Babilonia, di nome Daniele, che aveva ricevuto da Dio la capacità di dare significato ai sogni.

Così Daniele ascoltò il sogno del re e, ci dice il resoconto, si turbò, rimanendo sbigottito.

Daniele dette l'interpretazione del sogno: il Dio Altissimo aveva emanato un decreto, e questo decreto era contro di Lui. Il grande re Babilonese sarebbe stato reso "simile alle bestie dei campi” finché non avesse riconosciuto in Dio il solo Re, potente da dominare nel cielo ma anche sulla terra degli uomini.


Così Daniele implorò il re di pentirsi della propria condotta malvagia e di riconoscere in Dio l'unico vero Signore. Nabucodonosor rifiutò, e gonfiò ancor di più il proprio cuore. Così, dodici mesi dopo, il Signore realizzò il sogno.


La Bibbia non ci dice cosa successe; ci fu un colpo di stato? Una congiura contro il re? Un evento stra-ordinario? Sappiamo però che il re fu cacciato dalla propria corte, vagò nelle campagne e divenne “come le bestie dei campi”.

Mangiò l’erba come i buoi, il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, i suoi capelli crebbero come le penne delle aquile e le sue unghie come quelle degli uccelli.

Il grande re impazzì.

Sette anni dopo, Nabucodonosor disse, nel proprio resoconto, che “la ragione tornò in lui”; riconobbe la sua fragilità davanti alla grandezza immutabile del Dio Altissimo. Adorò il Dio del cielo e della terra e a lui diede gloria.

Il Signore vide il cuore di Nabucodonosor trasformarsi, e restituì al grande re un regno più splendente e maestoso di quello precedente. Dio non era interessato al potere, ma al cuore di Nabucodonosor, che dovette imparare a dipendere dall’unico Dio, perché in quella dipendenza stava il tesoro più prezioso della sua vita.


Cosa c’entra questa storia con noi?

Qualche giorno fa guardavo il telegiornale e, uno di seguito all’altro, sono comparsi sullo schermo i grandi re del nostro mondo. Prima i funerali della regina Elisabetta e la presentazione del nuovo Re Carlo; poi la guerra in Ucraina, con il presidente ucraino e quello russo; poi il leader iraniano, che ha commentato le rivolte nel suo paese come crimini da sedare per mezzo dell’intervento della polizia; poi i vari capi occidentali, e quelli orientali, che sempre incutono un certo smarrimento o timore; le elezioni italiane che fanno contenti alcuni e lasciano sgomenti e preoccupati altri, come se in ogni forma di democrazia occidentale ci fosse il seme di una possibile tempesta, perché quella paura non è mai passata a nessuno, e così nemmeno l’occidentalità politica ci lascia più sereni.


Beh, guardando tutto questo, ho pensato alla storia del grande re Nabucodonosor, e ho pensato a tre cose:


- Il Dio Altissimo è Re sopra il cielo ma anche sopra la terra. Non succede nulla che lui non permetta e controlli, e nessuno potrà mai dirgli “Che fai?”. Egli sarà sempre l’unico vero Re, pronto e capace di togliere un regno agli uomini che lo governano. Nessun uomo, per quanto superbo, resisterà davanti al Signore, quando lo incontrerà;

- Il Dio Altissimo è buono: Egli non tolse il regno a Nabucodonosor per paura della concorrenza, ed infatti glielo restituì; lo fece per insegnargli una lezione che cambiò la sua vita e il suo cuore in meglio;

- C’è speranza per gli uomini. Daniele fu l’unico uomo di fede con cui il re Nabucodonosor probabilmente strinse un rapporto profondo. Daniele non si tirò indietro dall’implorare il re di pentirsi per la propria condotta. Daniele fu uomo di preghiera e possiamo immaginare che pregò anche per le sorti del suo re. Anche i nostri leader mondiali potrebbero cambiare? Potrebbero conoscere il Dio Altissimo e riconoscere in Lui il solo degno di adorazione e lode? Non possiamo saperlo, ma la storia di Nabucodonosor ci chiama in causa, ci chiama a pregare per coloro che governano il mondo, nella speranza che conoscano il Dio che sta nel cielo ma il cui dominio giunge fino alla terra, fino ad ognuno di noi.





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